Lavoro minorile: 215 milioni di bambini sfruttati nel mondo



Sono realtà spesso distanti da noi, così distanti che potrebbero succedere proprio dietro casa nostra ma non lo immagineremo mai. Parliamo delle realtà nascoste del lavoro minorile.


Lo sfruttamento minorile è certamente molto più diffuso nei paesi sottosviluppati, dove il reddito familiare non arriva a coprire tutte le spese necessarie per far fronte alle esigenze sanitarie, d’istruzione e di necessità primarie dell’intera famiglia.
Così, molte famiglie si trovano costretti a mandare i figli a lavoro, così da poter rientrare nelle entrate economiche sufficienti alla sopravvivenza.
Attualmente sono circa 215 milioni di bambini che lavorano, sparsi per tutti i paesi del globo terrestre.


I lavori più comuni occupati dai bambini sono nel settore dell’agricoltura, circa un 60%. Vi sono quelli che svolgono lavori domestici e, nei peggiori dei casi, schiavitù, prostituzione e attività dannose e illecite.
Il bambino si vede così privato della libertà di vivere la sua infanzia, di avere un istruzione adeguata e di essere semplicemente felice.

Un modo per diminuire il lavoro minorile, è sicuramente quello di dare un aiuto economico alla famiglia. Dal momento in cui, i genitori ricevano un sussidio capace di coprire una buona parte delle spese essenziali, i bambini potrebbero tornare a fare una vita tranquilla e, ancora per molti anni, lontana dal lavoro.

Le statistiche ci ricordano inoltre che solo un bambino su cinque viene pagato, anche se poco, per il lavoro che svolge. Eliminare il lavoro minorile e il conseguente sfruttamento, è un sogno di molti. Ma difficile da riportare nella realtà.
Per molti popoli è una cosa normale mandare i figli a lavoro in età infantile o adolescenziale, ma sono molte le famiglie che amano i propri bambini e con un aiuto economico sarebbero ben felici di regalare a loro una vita migliore, anche grazie all’istruzione.

Il Professor Furio Rosati, autore del Rapporto e cordinatore del programma Understanding Children’s Work afferma che “I programmi di protezione sociale possono contribuire a ridurre l’incidenza del lavoro dei minori in modo significativo in quanto servono spesso alle famiglie per mantenere i propri figli a scuola e tenerli quindi fuori dal lavoro”

Con questi propositi certo non si eliminerà di colpo lo sfruttamento minorile, ma si potrà certamente armortizzare i danni e l’incremento.

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